E alla fine dopo Nmila traversie sono riuscita ad andare al convegno delle Stelline (#stelline15) che quest’anno compiva 20 anni e si intitolava “Digital Library, la biblioteca partecipata” [per chi non è bibliotecario, è l’eventone sociale/scientifico dell’anno per i bibliotecari, specie quelli del Nord].
Mi hanno invitata Li ho implorati di invitarmi per dire delle cose sul lavoro di ricerca che sto facendo per il phd e presentare dei risultati per la prima volta in pubblico in un ambiente in cui mi sento a casa mi sembrava una furbata.
Eh sì perchè io alla fine sono una bibliotecaria. Sono quella che ha scelto di studiare biblioteconomia, lo ha fatto a Parma negli anni d’oro e poi ci ha lavorato per un po’. Poi ho cambiato idea. Anzi no. Poi mi sono guardata attorno e mi sono sentita come quando scendi dalla giostra che gira. No, non ho vomitato 😉 ma ho faticato a ritrovare l’orientamento. Dove era questo lavoro che mi hanno insegnato a fare? Boh, mi sembrava sempre più a esaurimento nei termini in cui se ne parlava in Università e, soprattutto, rispetto a quello che ti chiedevano nei concorsi. Per mia fortuna sono sempre stata una pessima catalogatrice (sembrava che fosse il core della professione) e ho studiato con dei bravi prof. (Tammaro e Salarelli sopra tutti) che mi hanno instradato bene e mi hanno fatto capire che le cose cambiano e che vivaddio siamo resilienti.
In questi giorni alle Stelline ci ho pensato tanto a questo mio percorso che mi ha portato da studente entusiasta a bibliotecaria entusiasta (e assunta a tempo indeterminato che c**o eh?- eh si, ma anche no. Sono stata brava e me lo sono guadagnata-), a community manager che alla fine a 33 anni e con una famiglia si rende conto che non ne sa abbastanza e ritorna sui banchi.
E adesso vi voglio raccontare una cosa. Quest’anno a METID abbiamo fatto l’outdoor (giornata di team building e formazione in esterni, figo il posto in cui lavoro no?) più bello di sempre. In gruppi avevamo dei giochi di legno da replicare con la supervisione dei ragazzi de Il Tarlo. Per farla breve dopo due ore il mio gruppo aveva fatto questa cosa che vedete qui sotto e io avevo usato la sega circolare da banco (cosa di cui vado ancora adesso fierissima).
La morale di questo aneddoto? Dire “non ho le competenze, non lo so fare” è una maledetta scusa. Le competenze si sviluppano. Punto.
Questa cosa vale ancora di più per i bibliotecari che vogliono fare i formatori sulle loro competenze, ma mai mollare il terreno su cui sono abituati a pascolare. Non è arrogante permettersi di dire sempre come ho sentito ancora quest’anno al convegno “Gli utenti non hanno le competenze e non vogliono imparare” (a cercare nel catalogo, a capire collocazioni e regole astruse), senza chiedersi quali competenze da parte nostra servono loro?
Entrando alle Stelline per festeggiare i suoi 20 anni, per me che le frequento da 15, ho notato subito che mai come quest’anno c’era la polarizzazione (a anche una certa aria di sfiga). Bibliotecari divisi in due: quelli attaccati alla sedia, a quello che hanno sempre fatto e invece chi crede che le cose possano essere fatte diversamente. Come dice il mio amico @fraenrico in un bel post
Fatevi da parte, se non potete aiutare”
Dire bibliotecario per certi versi oggi è come dire sarchiapone, se non definiamo cosa ci mettiamo dentro per me ora non vuole più dire niente.
Ho partecipato a una tavola rotonda dove @aubreymcfato ci ha portato a ragionare in termini di biblioteche digitali partecipative. E mi ha colpito che i bibliotecari parlassero tanto, tantissimo di loro stessi e molto di meno delle cose che fanno. Mi spiego: quando parlavano di community a parole dicevano che volevano fare una community per gli utenti, ma poi si capiva che era una community funzionale a loro. E quindi? Questo mondo bibliocentrico centrato sulle collezioni oggi, anno 2015, a 10 anni dalla mia laurea quando era già dato per agonizzante con tanto di estrema unzione impartita, ancora permane al centro del dibattito.
Ora che guardo le cose da un’ altra prospettiva praticando un mestiere che non è più quello della persona che sta in biblioteca, mi viene una tale rabbia a vedere che il mondo dove avevo scelto di esercitare la professione è fermo al palo e mi chiedo, vi chiedo #dichecazzostiamoparlando?. Quando si parla così tanto di sè per giustificare la propria esistenza beh, per me c’è un problema. Andate, fate cose e lasciate che siano esse a parlare per voi.
Ah dimenticavo! io ero andata a parlare di community building e misurazione dei risultati che era anche il motivo per cui avevo iniziato a scrivere questo post (sotto allego documentazione di prova)