• Chi sono

Social media curious

~ I have no special talent. I am only passionately curious. A. Einstein

Social media curious

Category Archives: social media

Progettare e gestire community online

12 Thursday Mar 2015

Posted by Valeria Baudo in community, engagement, online community, phd, social media, speech

≈ Leave a comment

Tags

progettazione sociale, Stelline 2015

Just a sneak peek 🙂

Convegno “Digital library: la biblioteca partecipata”, Milano 12 marzo 2015 #stelline15

Ho parlato di engagement con…

15 Tuesday Jul 2014

Posted by Valeria Baudo in community, engagement, phd, social media

≈ Leave a comment

Tags

engagement, interviste

https://www.flickr.com/photos/verbeeldingskr8/

Credits: https://www.flickr.com/photos/verbeeldingskr8/

Circa un anno fa di questi tempi mi sono messa a fare una serie di interviste con dei personaggi rilevanti del mondo social italiano.
L’obiettivo delle interviste era di indagare l’engagement, il tema cui voglio dedicare la mia tesi di dottorato.
Questa la traccia di intervista a cui ho sottoposto le mie 8 pazientissime “cavie” (che non finirò mai di ringraziare).
A distanza di un anno rifarei le interviste con un po’ più di consapevolezza e cambierei alcune formulazioni, nonchè cercherei di essere meno impacciata (ma sì, in alcuni casi ero anche emozionata)

1.    Engagement, ne parliamo come di un termine tecnico, ma cosa significa per te?
2.    Differenze tra engagement e online participation
3.    Community online: quando definisci che hanno successo?
4.    L’engagement della comunità è misurabile? È stimolabile oppure o c’è o non c’è?

E adesso inizio una serie di post in cui vi racconto cosa mi hanno detto 🙂

p.s. per sapere perchè ci ho messo un anno tra le interviste e questa serie di post vedi qui

I social media non li ordina il dottore

16 Tuesday Oct 2012

Posted by Valeria Baudo in community management, e-collaboration, social media, Tips and tricks

≈ 6 Comments

Tags

AIB, facebook

Me lo chiedo sempre più spesso di fronte a tante pagine: ma perché aprire una pagina su Facebook se neanche voi avete ben chiaro cosa ci volete fare?
Se i social media non te li ordina il dottore allora perché partire con il piede sbagliato? Se non sai neanche tu che obiettivo ti dai e che risorse hai perché farlo?

Volevo proporvi la mia analisi di un caso che mi sta molto a cuore: la pagina Facebook dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB). Per chi non lo sapesse le biblioteche sono state la mia prima attività professionale e il campo in cui ho condotto i miei studi sino a un annetto fa, anche l’analisi del mio network Facebook fatta con Gephi per il corso di Social network analysis rivela che il core della mia rete ruota attorno alle biblioteche. A marzo, durante un intervento, ho sostenuto la necessità di aprire una pagina Facebook dei bibliotecari italiani come luogo di condivisione, scambio e collaborazione per la crescita della professione e la presa di coscienza della sua specificità anche tra gli operatori stessi. Questa pagina ora c’è (ovviamente non perché l’ho chiesta io). Ma non ne sono per niente soddisfatta.

Premesso che il presidente dell’AIB è un amico e una persona che stimo, così come le persone che ruotano attorno alle presenze social dell’AIB (e che tali spero rimangano anche dopo questo post), affermo che:

la pagina Facebook dell’AIB è una cattiva pratica da non imitare

E adesso vi dico perchè IMHO (e tralascio l’account Twitter).

Non emerge assolutamente un’idea chiara di che storia si voglia raccontare, come mi ha detto una brava community manager, non si sente l’anima. Non si può popolare la pagina solo con automatismi di pubblicazione, la stragrande maggioranza dei post riporta la dicitura “tramite Twitterfeed”. Questo significa che la pagina viene riempita automaticamente pescando dei feed da un’altra risorsa. Orbene, perché dovrei mettere il mi piace se posso sottoscrivere un feed rss che mi dà le stesse informazioni?
Seconda cosa (un po’ più fine) pubblicare con automatismi diminuisce l’engagement (altrimenti hootsuite sostituirebbe i community manager) e non ti permette di gestire il migliore momento di pubblicazione. Data la velocità dello streaming informativo su Facebook se vuoi fare arrivare la notizia è fondamentale darla nel momento giusto.

Responso: Bocciati in content curation

Chi si occupa di social sa che l’avere dei fan vivi e attivi (quello che va sotto il cappello di engagement) è lo scopo primario di una pagina. Facebook non è la tua vetrina (non lo era neanche il sito, figurati un social!) ma un posto dove si conversa e il valore è nel dialogo.
La pagina AIB parte con un vantaggio fortissimo, l’avere una comunità professionale di riferimento ben definita che nei confronti della propria associazione professionale ha un vissuto positivo ed è disposta a mettere mi piace “sulla fiducia”. Il problema non è quindi far mettere mi piace, i numeri dello screenshot qui sotto, dopo meno di un mese dall’apertura dimostrano che la pagina ha una fanbase discreta e che il buzz c’è stato, ma la conversazione è morta. Perchè?(ah, per inciso l’effetto novità ormai è bruciato e quindi il buzz spontaneo che non è stato sfruttato difficilmente sarà riproducibile)

Sicuramente i contenuti non stimolano la conversazione,  non viene voglia di parlare perché non si sente “calore umano” dentro. Cavolate? Non credo. Questi accorgimenti fanno la differenza tra pagine che funzionano e generano conversazioni e pagine che si accaparrano dei mi piace.
All’utente si risponde SEMPRE. Basta un mi piace a una persona che ha speso del tempo a fare un commento per far sentire che si è stati considerati, se scrivo qualcosa e non ho cenno dai gestori la prossima volta vado a scrivere da altre parti.

Errore marchiano: mancano le immagini nella maggioranza dei post. Sono la base su cui si costruisce l’engagement (ma su questo torneremo dopo). Ah l’immagine dello screenshot qui sopra è tagliata, non tutte le dimensioni di immagine vanno bene per Facebook (ma questa è una piccolezza tutto sommato)

Responso: bocciati in engagement

La nuova impostazione di Facebook, il diario, è stato un passo importante perché lo ha caratterizzato nettamente sul versante storytelling. Si può usare questa modalità per raccontare la storia della propria istituzione attraverso le tappe salienti e su questo mi sembra che come concetto ci siamo. Non emerge però la storia di questa pagina: cosa vuole essere? Uno spazio per discutere tra bibliotecari? Un modo per farsi conoscere dai non utenti? Con quali strategie? Insomma: che cosa vogliamo comunicare? Questo è l’aspetto che maggiormente manca e che la rende una pagina “morta”.

Mancano poi le immagini. Un esempio lampante. Pochissimi giorni fa si è svolto il primo Bibliopride italiano, la giornata dell’orgoglio bibliotecario che ha avuto copertura mediatica abbastanza diffusa. Benissimo, nella pagina Facebook dell’AIB non c’è una mezza foto dell’evento (o meglio degli eventi). Inoltre nei giorni precedenti la pagina, invece di creare l’attesa non ha fatto altro che pubblicare contenuti automatici. Decisamente un errore. Che ormai non si rimedia. La copertura sui social di questo evento era fondamentale: non c’è stata. Attenzione: l’evento ha avuto buona copertura su Twitter #bibliopride.

Facebook fa storytelling per immagini. Mi piacerebbe che la storia delle biblioteche non fosse quello che ti insegnano all’università (roba così per intenderci) ma la storia di chi fa questo mestiere, vorrei vedere i dietro le quinte perchè, cit. Gentilini, “le biblioteche sono sì piene di libri, ma è solo un caso”.

Responso: bocciati in storytelling (e questo a dei bibliotecari brucia)

Questi erano i miei 2 cent alla questione. Nessuno nasce imparato, forza che c’è tempo per correggere il tiro. Per il momento quello che mi sento di dire è: bibliotecari cari se cercate un modello di pagina FB da far diventare standard de facto guardate altrove (ad esempio qui)

Un ultimo screenshot con alcune considerazioni finali sul perché ci sia bisogno di un modello. Guardate la conversazione che segue e giocate a individuare gli errori. Quali sono in termini di community management (e di regole di Facebook più in generale?)

Henry Jenkins: cose belle della settimana

11 Monday Jun 2012

Posted by Valeria Baudo in phd, social media

≈ 1 Comment

Tags

Henry Jenkins, participatory culture

Lunedì tempo di bilanci sulla settimana appena trascorsa. Tra le cose belle sicuramente la conferenza di Jenkins in questi giorni in tour italiano.
Ha parlato anche all’Università di Milano Bicocca con uno speech dal titolo How Content Gains Meaning and Value in the Era of Spreadable Media
Ecco cosa ho imparato:
Se pensiamo al content rimanda all’idea di qualcosa che è contenuto, adesso per il concetto di spreadable media non si può più pensare al contenuto in quest’accezione, breaking up the boundaries.
L’importante, si chiede Jenkins è il content o il design? La risposta è semplice: use.
Il lavoro da fare non è tanto sulla tecnologia, ma sulla cultura e l’uso che le persone fanno dei media, sulle cultural logics con cui le persone rispondono ai media.
Ecco allora che la sua narrazione ruota attorno queste 4 parole chiave:
1-TRANSMEDIA: vuole dire, in senso lato, across media, ovvero che relazione esiste tra piattaforme? generalmente legato al termine storytelling in realtà si situa più correttamente nell’ambito della user experience. Impressiona questo video che non conoscevo, un ipotetico TED2023 girato da Ridley Scott.
Il focus si sposta dallo storytelling come promozione del brand allo storytelling come modello creativo di creazione di storie. Ma le storie nei transmedia continuano e si contaminano e “transmedia storytelling is a process where integral elements of a fiction get dispersed sistematically across multiple delivery channels for the purpose of creating a unified and cooordinated entertainment experience”. Un esempio? Glee , con il riuso amatoriale delle canzoni.

Fonte immagine: http://bit.ly/Nsqa9O

2-CONTENT IS PARTICIPATORY: non pensiamo solo a esempi famosi come wikipedia ma anche a tutto il mondo delle fan fiction. Mi ha molto colpito un caso citato da Jenkins su una scuola dell’Indiana, all’interno della quale Wikipedia è bandita, ma i docenti la portano ugualmente in classe adottando una voce e discutendo sul miglioramento da apportarvi (e questo mi ricorda il recente caso degli studenti di Mirandola)
Tra gli aspetti più interessanti della participatory culture sicuramente le basse barriere di accesso e la facilità di engagement, “every reader is a potential writer”, “members believe their contributions matter” e si realizza una “informal mentorship”, modello molto interessante soprattutto per la didattica. Difatti, rileva Jenkins quanto sia profonda la contraddizione di coloro che mettono i computer nelle scuole e li disconnettono da ogni forma di cultura partecipativa in nome della sicurezza dei minori.
3-CONTENT IS REMIXABLE: su questo punto tra i più noti del pensiero di Jenkins e non solo basti pensare alle implicazioni sul copyright e sul nuovo concetto di proprietà intellettuale.
4-CONTENT IS SPREADABLE: in questo senso spreadable non è sovrapponibile al concetto di stickiness che implica un uso del mezzo maggiormente passivo. “Spreading media preserve culture” “if it does not spread is dead”. Con l’avvertenza che la circolazione e la distribuzione(spreading) sono due concetti e filosofie differenti, lo spreading impatta sulla viralità e rende le persone degli amplificatori, degli hub.

Fonte immagine: http://bit.ly/LhKdmv

Appunti a margine:

  • da studiarsi un po’ il tool social flow che Jenkins ha usato per evidenziare quali siano stati i maggiori amplificatori nel caso Kony 2012.
  • l’idea del gaming come motivante per i ragazzi non tanto per i punti ma soprattutto perchè gli scopi e le regole sono chiari
  • infine lezione di vita nel vedere l’interesse che Jenkins ha dimostrato per le domande degli studenti delle superiori che erano venuti a ascoltarlo.

Credits delle immagini @fabioserenelli

Galateo dell’ e-mail: rispondere sì o no?

04 Monday Jun 2012

Posted by Valeria Baudo in social media

≈ 5 Comments

Tags

email response policy

Foto: http://www.flickr.com/photos/socialmediaonlineclassescom/

Qualche giorno fa ho scritto alcune mail “sofferte”, avete presente quelle che si soppesano a lungo, parola per parola perchè stai proponendoti, chiedendo qualcosa di importante? Sono rimasta abbastanza seccata quando, a fronte di tanto impegno, non ho ricevuto risposta.
Allora sono sbottata sul mio profilo Facebook con questa frase:

da quando rispondere alle mail è diventato opzionale?

Niente di originale ma evidentemente ho toccato un nervo scoperto, se è vero che ci sono stati ben 14 commenti in poco tempo e alcuni anche molto belli.
Il malcostume di non rispondere alla mail come se fosse qualcosa di opzionale è tipicamente italiano, negli Stati Uniti chiunque, se non lo può fare personalmente e non ha uno staff che lo faccia per lui, ti fa arrivare almeno un feedback automatico che ti dice qualcosa del tipo “grazie di avermi contattato ma ricevo più di 500 mail al giorno e non riesco a rispondere a tutti, niente di personale”.
Credetemi, lo capisco. Capisco e ho apprezzato particolarmente una persona che stimo molto e che sul mio profilo ha scritto una cosa così:

a me ogni tanto capita di non rispondere ad una mail. Magari nel momento in cui mi è arrivata ero preso e concentrato su altro. La marco come “da rispondere”, ma nel frattempo ne arrivano decine altre. Passano i giorni, le mail si accumulano.[…]Poi ne passano così tanti che mi imbarazza pure rispondere, nonostante il “mi scuso per il ritardo con cui rispondo”, e lascio perdere, pensando: “magari mi riscrive per sollecitare una risposta, e allora rispondo”.Ma non credevo che questo potesse scatenare questa reazione e percezione in chi invia la mail […] Ora che so, ci starò più attento.Certo che è dura però, eh. O uno lavora, o uno risponde alle mail[…]. Alcune mail ad esempio che lascio inevase, mio malgrado, sono richieste di consulenze e chiarimenti gratuiti che ottengo grazie agli articoli nel blog, etc.[…].Insomma, ok, è brutto non ricevere risposta ed è anche maleducato. Però provate anche a mettervi nei panni di chi dovrebbe rispondere.

Questo contributo centra un tema importante: è davvero sempre maleducato non rispondere o qualche volta è anche lecito?
Io la penso così: un feedback va sempre dato, magari perché quello che vi ha scritto è imbranato e non sa confezionare una mail decente e magari è uno che se non gli rispondete si sente un demente digitale e rimane scornato per sempre, ma magari è uno che “ce prova”  e vuole scroccarvi una consulenza gratuita.
Magari uno che vi scrive (caso reale) “Scusa devo aprire la pagina Facebook della biblioteca, c’è qualcosa che dovrei sapere?” Mah, quanto meno a cosa ti serve, che linea editoriale vuoi tenere e mille tips and tricks. Suo tempo e sbattimento per scrivere la mail: zero, tuo tempo per rispondergli seriamente almeno cento volte tanto.
Il web funziona con un do ut des, se vuoi scroccare allora non giochi secondo le regole. Che si fa? Lo si schifa? Io penso che anche questa persona meriti una risposta, magari solo per fargli capire che così non si fa. Allora come comportarsi? Penso che ognuna di quelle persone a “alto tasso di mail” dovrebbe dotarsi di un disclaimer che rimandi a una pagina in cui esplicita la propria presenza sui social e la propria policy di risposta alle mail.
Una ricerca Google con la stinga “email response policy” (carina questa) vi chiarirà di costa sto parlando.
Un capitolo a parte meritano poi i professori: quelli che ti insegnano il digitale ma la mail non la guardano perché sai non abbiamo tempo (ma magari li vedi su Facebook e se li contatti lì ti rispondo pure, per la serie non abbiamo capito nulla dei rapporti con gli studenti ai tempi della rete). Qui siamo nel vero e totale malcostume italiano. Ricordo di avere letto tanti anni fa (probabilmente era su Being digital ) la storia di un ragazzino che, agli albori delle mail, scriveva a tanti guru del digitale statunitensi ottenendo sempre risposta e suscitando lo stupore del padre. Ok, oggi le mail sono centuplicate, ma provate a scrivere a un prof oltreoceano e vedrete che tipo di feedback otterrete (e con che tempi).  Non fa figo dire “non ho tempo per le email” perché fa parte del vostro tempo di lavoro che è un lavoro di ricerca ma a contatto con gli studenti (che non sono solo una seccatura ma una gran risorsa), a discolpa della categoria devo dire che molte mail sono del tipo “ciao prof, quando posso fare l’esame?” (e qui vale il caso di quello che “ce prova” sopra)

UPDATE: come sono finite le mie mail. A una ho ricevuto risposta (credo perché tramite giro di amicizie condivise hanno visto la mia sparata sui social-cosi), gentilissimi e io super contenta. Gli altri invece nulla (ma non siete 2.0, sharing is caring etc?) Riscrivo? No per me una mail non si scrive due volte sollecitando la risposta alla prima. L’hai vista non mi hai risposto, ok ne prendo atto. E io mi rivolgo al tuo competitor 🙂

Content management e social media strategy

29 Thursday Mar 2012

Posted by Valeria Baudo in community management, community of practice, social media

≈ 2 Comments

Tags

content management, social media, social media strategy

Mentre facevo il mio surfing di aggiornamento professionale mi sono imbattuta in due articoli che, pur se diversi per tono e argomento, vorrei commentare e riassumere qui sotto.
Il primo è uno di quegli articoli che si trovano nei blog un po’ business oriented e che  riassume indicazioni pratiche e di buonsenso che fa piacere trovarsi scritte sul content management, il secondo arriva dal mio ultimo blog rivelazione e parla di social media strategy con un italiano piacevole e uno sforzo teorico maggiore.

Il content management riprende un po’ le vecchie regole del giornalismo classico che sembrano essersi perse nel web. La facilità di pubblicazione fa uscire dal calderone ogni tipo di prodotto a prescindere da ogni cura e strategia editoriale (e io ne sono la prova provata). Ecco allora che con 5 consigli per il content management cerchiamo di mettere qualche punto fermo.
Come vedete si tratta solo di buonsenso e di fermarsi a riflettere un po’ di più prima di avventarsi sulla tastiera o scrivere un progetto e dire: massì e poi c’è la ppparte ssocial bla bla

  1. Obiettivo – Perché state scrivendo proprio quell’articolo e non un altro? invece di scrivere di getto fermati un attimo e pensa: perchè ti sei messo a scrivere e non a potare le begonie? Cosa avevi in mente? Migliorare la tua visibilità e ricercabilità? generare un po’ di buzz? Dalla risposta a queste domande discendono i contenuti
  2. Target – Chi pensate lo leggerà? Nel mondo c’è già troppa roba per pensare che tutti siano interessati ai vostri contenuti; individuate il vostro target specifico e a lui rivolgetevi. Un target di nicchia va benissimo, mai sentito parlare della coda lunga?
  3. Risultato – Cosa volete ottenere? in genere condivisione e popolarità, magari qualche acquisto online se siete business oriented. L’unico modo per farlo è accreditarsi come esperti del settore e l’unico modo per accreditarvi come esperti è produrre contenuti di qualità. Avete presente quando usate Klout e vi dice che siete specialist? ok dovete posizionarvi almeno lì 🙂
  4. Agenda – Quando e come scriverete nuovi contenuti? qui si parla di pianificare e non lasciare i social networks a languire come cattedrali nel deserto. Ah nell’articolo vengono date anche indicazioni numeriche ma su queste sono abbastanza perplessa (servono forse come indicazioni di super super massima per neofiti ma non sono da prendere alla lettera)
  5. Media – Dove sceglierete di pubblicarli? banalmente scrivere per facebook non è la stessa cosa che scrivere per Twitter e gli utenti non sono tutti uguali: ci sono utenti snack (twitter e Facebook sono perfetti), utenti fast food (video, note su Facebook, articoli di blog) e buone forchette (si può osare con loro anche un ebook o un webinar).

Tirando le somme: keep calm and reflect! Individua tuoi obiettivi, i contenuti che possano interessare il tuo pubblico, lo stile con cui comunicarlo. E ricorda: la concorrenza ormai è fortissima

Anche il secondo articolo si snoda lungo 5 precetti fondamentali per la costruzione di una social media strategy :

  1. La strategia è un abito sartoriale esistono moltissimi manuali blog e dispensatori di consigli: tutto sacrosanto ma va calato nel contesto e il contesto deve essere conosciuto bene, non con un veloce sopralluogo. La 42 di Mango non va bene nè dona a tutte
  2. Una buona strategia è co-creata “La Social Media Strategy è un insieme di obiettivi, regole, valori e linee guida impossibili da individuare senza una stretta collaborazione con l’azienda stessa”. Conoscenza del contesto e appoggio dai vertici sono fondamentali
  3. Il perché non serve a nulla senza il chi e il come ovvero la necessità di fare cose che non funzionino solo sulla carta “La Social Media Governance permette, infatti, di definire i responsabili delle singole piattaforme ma, cosa ancor più importante, i meccanismi di triage tra i vari reparti nel momento in cui l’azienda si trova a gestire le varie tipologie di richieste provenienti dai clienti.” Ottimizzare i flussi ed essere preparati a gestire le crisi. Il co-design è fondamentale.
  4. L’intera azienda è coinvolta non è solo questione di content manager o social media manager ma se le informazioni non circolano e non tutti sono parte del sistema allora questo non funziona. Per realizzare questo obiettivo che sembra astratto e teorico lo strumento operativo è quello della social media policy (e prima o poi devo dedicarmi seriamente anche a questa cosa) “La policy ha il merito di sintetizzare e rendere più semplici da comprendere gli obiettivi della strategia e al tempo stesso fornisce indicazioni operative sull’utilizzo delle piattaforme social anche a quei dipendenti meno sensibili e vicini alle dinamiche del web.”
  5. Think Big, Act Small “Nei social media un’azienda può veicolare la propria cultura e la propria visione del mondo, declinate nei prodotti e nei servizi offerti al consumatore. È importante, dunque, pensare in grande, prefissando obiettivi ambiziosi raggiungibili nel corso del tempo, avendo però anche l’umiltà e il realismo di progettare questa evoluzione attraverso tanti piccoli step, più semplici da immaginare e gestire” buonsenso insomma: Roma non è stata costruita in un giorno, ma senza pensare in grande non si va da nessuna parte

Di privacy e biscottti

E' entrata in vigore una normativa sui cookie che dice che ti devo dire come uso i cookie che genero da questo sito. Io non sapevo neanche di generarne prima d'ora (grazie al garante per avermi fatto riflettere su come i biscotti siano tante cose diverse da quelle che inforno per i miei figli).
Ti dico che quindi non saprei davvero cosa farmene. Se un giorno scopro che mi servono ti avviso, ok? Se non ti sta bene i cookie si possono bloccare dal browser (è facile, lo so fare anche io).
Ma siccome sono cittadina onesta e non vorrei incappare in multe ti copio-incollo qui sotto una cosa in legalese che dicono vada bene (dicono eh? che mica ci si capisce ancora tanto di questa cosa). (l'ho presa da qui http://bit.ly/1BjEmwu/)

******
Questo sito web è ospitato sulla piattaforma di blogging WordPress.com [avente sede e giurisdizione legale negli USA].
[...] La piattaforma fa uso di cookie erogati per fini statistici e di miglioramento del servizio. I dati raccolti sono a noi visibili solo in forma anonima e aggregata secondo quanto stabilito da WordPress.com, e non abbiamo conoscenza di alcuno dei dettagli specifici di accesso (IP di provenienza, o altro) dei visitatori, ad eccezione dell'email necessaria per lasciare un commento o contattarci.
Ricordo che è una tua libertà / scelta / compito bloccare tutti i cookie (di qualunque sito web) che non desideri tramite opportuna configurazione del tuo browser.

Twitter

  • RT @OpenEdGlobal: So it begins! At #OEGlobal21 all today's sessions are about Building Capacity 4 OER. Six women from @FostWom shared their… 9 months ago
  • Omaggi e offerte per il compleanno famigliamonoreddito.wordpress.com/2021/06/25/oma… 1 year ago
  • Proud to share results of #eLene4ifeMOOC at #eden2021 @EDENConference @eLene2learn @PokPolimi twitter.com/DebJArnold/sta… 1 year ago

Parlo di:

community community management community of practice e-collaboration e-learning engagement online community phd social media speech Tips and tricks writings

I più letti

  • Galateo dell' e-mail: rispondere sì o no?

Categories

  • community
  • community management
  • community of practice
  • e-collaboration
  • e-learning
  • engagement
  • online community
  • phd
  • social media
  • speech
  • Tips and tricks
  • writings

Meta

  • Register
  • Log in
  • Entries feed
  • Comments feed
  • WordPress.com

Create a free website or blog at WordPress.com.

Privacy & Cookies: This site uses cookies. By continuing to use this website, you agree to their use.
To find out more, including how to control cookies, see here: Cookie Policy
  • Follow Following
    • Social media curious
    • Join 31 other followers
    • Already have a WordPress.com account? Log in now.
    • Social media curious
    • Customize
    • Follow Following
    • Sign up
    • Log in
    • Report this content
    • View site in Reader
    • Manage subscriptions
    • Collapse this bar
 

Loading Comments...